giovedì 30 aprile 2020

Il gioco nel Medioevo e nel Rinascimento - Step #12

Pieter Bruegel il Vecchio, Giochi di Bambini, 1560, olio su
tavola, 118×161 cm. Kunsthistorisches Museum, Vienna
Durante il Medioevo, il gioco, specialmente quello d'azzardo,era consuetudine nelle taverne: con dadi o con tavole e pedine, era il passatempo più praticato nei luoghi di malaffare, da giocatori d'azzardo, vagabondi e meretrici.
Per questo motivo, il significato associato al gioco nel medioevo è piuttosto negativo, come pratica degli uomini che conducevano una vita irregolare e dissoluta. Addirittura, nelle Costituzioni di Melfi, emanate nel 1231 dall’imperatore Federico II, viene proibito il gioco d’azzardo non in quanto dannoso in sè, ma per le conseguenze che avrebbe potuto procurare: la frode e la bestemmia.
Di seguito, un estratto dalle Costituzioni di Melfi:

"[...] stabiliamo che coloro che giocano a dadi, facendolo di continuo, al punto di non avere altra attivita’ della quale vivere, i frequentatori di taverne, che eleggono le taverne come proprio ambiente naturale, coloro che possiedono giochi d’azzardo o dadi per metterli a disposizione dei suddetti giocatori, siano dichiarati infami, e percio’ non siano ammessi a testimoniare ne’ a ricoprire un pubblico ufficio [...]"
-Le Costituzioni di Melfi, III, XC: L’infamia delle alee e dei dadi

Pertanto, i giocatori erano accusati di infamia, non potevano ricoprire incarichi pubblici o testimoniare durante i processi.

Dopo gli anni bui del Medioevo, durante i quali il gioco veniva considerato quindi un'attività peccaminosa, questa prospettiva si ribalta completamente in epoca Rinascimentale: gli stessi geni del tempo, come Leonardo Da Vinci, che disseminò i suoi codici di rebus, e Michelangelo Buonarroti, che inventava enigmi, amarono il gioco. In questi anni infatti si affermò la convinzione che il gioco non fosse solo svago, ma un impegno serio, con traguardi da raggiungere: uno strumento educativo che permetteva al bambino di diventare grande, attraverso il rispetto delle regole e la riflessione. Una posizione quindi molto più vicina al pensiero platoniano (leggi lo step 8 per saperne di più).

Copertina originale del "De ludo globi"
Un'interessante testimonianza di come il gioco viene rivalutato in quanto strumento educativo, si può trovare in una delle opere del Cardinale filosofo Niccolò Cusano, dal titolo “De Ludo Globi” (“Il Gioco della Palla”), un dialogo scritto nel 1462 circa. Il Dialogo è composto da due libri: nel primo, l'interlocutore di Nicola è Giovanni, Principe di Baviera, che all'epoca aveva 25 anni. Viene descritto un gioco allegorico, in cui una palla di forma irregolare viene lanciata su un campo da gioco circolare segnato da cerchi concentrici. L'obiettivo è arrivare il più vicino possibile al centro del campo da gioco. Tuttavia, non si tratta di certo di un manuale di un nuovo passatempo: il gioco è in realtà una ricchissima allegoria della vita e dell'universo, in cui Dio si colloca come obiettivo al centro del campo da gioco, così come si colloca come obiettivo, più o meno riconosciuto, della traiettoria di ogni esistenza umana.
Ecco un estratto del primo dialogo, in cui ho sottolineato i passaggi più significativi:

"Giovanni: Poiché ti vedo ritirarti dal gioco della palla e sederti, forse perché stanco, vorrei parlare con te di questo gioco, se ti fa piacere.
Nicola: Molto volentieri.
Giovanni: Tutti abbiamo ammirato questo gioco nuovo e divertente. Forse perché in esso si trova raffigurata qualche profonda meditazione, che vorremmo ci fosse spiegata.
Nicola: E' una domanda ben posta. Infatti tutte le scienze hanno i loro strumenti e i loro giochi. L'aritmetica ha la ritmimachia. La musica, il monocorde. E anche il gioco della dama o degli scacchi non sono privi di un mistero morale. Personalmente, credo che tutti i giochi validi contengano qualche insegnamento. E in verità, secondo me questo piacevole esercizio della palla ci comunica significati filosofici non da poco. 
Giovanni: Dici che la palla da gioco ha una superficie semi-sferica. Potrebbe avere una superficie più grande o la rotondità di una sfera completa?
Nicola: Non nego che la palla da gioco possa vere una superficie più grande o più piccola, o la superficie di una sfera completa, se parliamo della forma e della rotondità visibili, il che non è affatto  vero per la rotondità perfetta. Infatti la rotondità che non può essere più tonda non è mai visibile. Infatti la superficie di una sfera è equidistante dal centro in tutte le direzioni, estremità della rotondità, che termina in un punto indivisibile che rimane tuttavia invisibile ai nostri occhi. Infatti i nostri occhi possono vedere solo ciò che è divisibile e finito.
Giovanni: Quindi la rotondità sferica dell'universo, che reputo perfettissima, non sarà mai visibile.
Giovanni: Trovo molto piacevole che si possa confrontare la palla da gioco con il corpo dell'uomo e il suo movimento con l'anima. Un uomo costruisce una palla da gioco e ne causa il movimento, che le imprime con il proprio impeto. E il movimento è invisibile, indivisibile e presente in nessun luogo, proprio come la nostra anima. 
Nicola: Credo di aver spesso parlato e scritto di questi argomenti, forse meglio di quanto possa fare adesso, dato che le mie capacità vengono meno e la mia memoria risponde lentamente. Tuttavia, era mia intenzione illustrare questo gioco di nuova invenzione, che tutti comprendono e giocano allegramente a causa dell'imprevedibile traiettoria della palla. Ho fatto un segno per terra nel punto da cui noi lanciamo la palla; e in mezzo al terreno di gioco c'è il trono di un re, il cui regno è un regno di vita, racchiuso da un cerchio. E all'interno del cerchio più grande ho tracciato nove altri cerchi. Le regole del gioco richiedono che la palla si arresti in uno di questi cerchi, e una palla che arriva più vicina al centro fa più punti, secondo il numero indicato sul cerchio in cui la palla si arresta. E colui che arriva per primo a trentaquattro punti (corrispondenti agli anni della vita di Cristo) è il vincitore."


Fonti e riferimenti
Nicola Cusano
Il gioco nel medioevo
Il gioco nel rinascimento


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