lunedì 25 maggio 2020

Il gioco nella filosofia contemporanea: il pensiero di Eugen Fink - Step #18

Già nei post precedenti, si è preso più volte sotto indagine il gioco dal punto di vista filosofico: il che può sembrare quasi strano, specialmente se si considera che le dimensioni da cui provengono il gioco e il pensiero sono quasi opposte. Da un lato infatti, il gioco sembra essere proprio di una dimensione infantile, spensierata, leggera, mentre il pensiero filosofico è proprio di senso critico, riflessivo, espressione dell'età matura.
Oasi della gioia, Eugen Fink, 1957

Nonostante ciò, sono tanti i filosofi che hanno indagato l'importanza e la funzione del gioco, a partire dall'antichità: ne è un esempio Platone, del quale abbiamo parlato qualche post fa (leggi : Platone e la funzione educativa del gioco), ma è possibile rintracciare molti altri filosofi che ne discutono, appartenenti anche all'era contemporanea. Poco tempo fa già uno di questi era stato preso in considerazione: Johan Huizinga, uno dei primi filosofi a noi vicini che nel 1938 pubblicò l'opera "Homo Ludens", opera espressiva del legame tra gioco e uomo (clicca qui per sapere di più su J. Huizinga).

Huizinga non è di certo l'unico filosofo che affronta questa tematica: possiamo infatti concentrare la nostra attenzione anche sul pensiero di un altro famoso esponente della filosofia contemporanea, proveniente dalla scuola tedesca.
Si tratta di Eugen Fink (1905-1975), un filosofo e fenomenologo tedesco: allievo di Husserl e di Heidegger all’università di Friburgo, ha dimostrato tramite le sue idee come anche il gioco può essere un degno oggetto d’indagine da parte della filosofia.
Infatti il gioco è, secondo Fink, un elemento fondamentale della nostra cultura, tanto che egli scrive ben due saggi riguardanti questa tematica: "Oasi della gioia" (pubblicato nel 1957) e "Il gioco come simbolo del mondo" (pubblicato nel 1960).

Eugen Fink
Il punto di partenza del pensiero di Fink proviene da uno dei frammenti di Eraclito, che recita: “Il corso del mondo è un fanciullo che gioca a dadi, una regale signoria del fanciullo”. Interessante è il fatto che Eraclito non usa il termine kronos (tempo), ma aion (il corso del mondo, l’eterno). L’immagine del bambino che gioca a dadi permette a Fink di cogliere nel fenomeno umano del gioco un significato universale, una “trasparenza cosmica”: infatti, sia il gioco, sia il mondo, si prestano a essere chiariti l’uno alla luce dell’altro. La peculiarità dell’uomo come essere-nel-mondo (cioè quell’ente che, nonostante sia “gettato” nel mondo, si rapporta consapevolmente al mondo stesso e lo comprende), fa sì che il gioco umano possa essere assunto a simbolo del gioco cosmico.

Questo modo di pensare si rivela alquanto controcorrente: infatti, secondo il senso comune, il gioco è un’attività marginale dell’esistenza umana, che si contrappone al lavoro e alle attività “serie” della vita. Nella vita adulta invece, osserva Fink, i giochi sono spesso tecniche ripetitive di passatempo e tradiscono il fatto che spesso nascono dalla noia. Invece per il fanciullo il gioco sembra essere “un sano mezzo di esistenza”. 
Il gioco è caratterizzato dalla totale gratuità, dalla libertà: si presenta cioè come “un’oasi della gioia” perché, proprio quando obbligo, lavoro, cura e responsabilità iniziano a impegnare le energie del giovane in crescita, il gioco rischia di perdere del tutto il suo significato originario e il suo carattere di azione spontanea, di slancio vitale, trasformandosi piuttosto in "un'oasi" nella quale sfuggire dai pesi della responsabilità. Secondo Fink, proprio per questo è importante cercare di conservare quanto più possibile la spontaneità, la fantasia, l’iniziativa di chi gioca.

il gioco: apertura verso l'altro
La filosofia di Fink è pertanto in totale accordo al pensiero di Schiller sul gioco, come afferma la sua famosa massima (frase titolo di questo blog): “l’uomo c’è interamente lì dove gioca”. Non solo: giocare significa anche coinvolgimento del prossimo, apertura verso l’altro. Fink, nella sua indagine, fa riferimento anche al pensiero di un altro grande pilastro della filosofia, Nietzsche, ricordando un suo famoso passo: “Un nascere e un perire, un costruire e un distruggere, che si svolgano in un’innocenza eternamente uguale, si ritrovano in questo mondo solo attraverso il gioco dell’artista e del fanciullo”.

L'indagine di Fink è tra le più attuali e significative: è davvero esplicativa del profondo legame tra l'io adulto, l'io bambino e il mondo attraverso il gioco, visto non solo come svago e passatempo, ma come essenza di una connessione molto più profonda.

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