sabato 6 giugno 2020

Conclusioni di fine percorso - Step #24


disegno realizzato da me: un simbolo per il gioco

Quando si parla di gioco, il primo pensiero a cui si fa riferimento è l’attività ludica ed educativa che accompagna ogni essere umano fin dai primi anni della propria vita: il gioco rappresenta infatti, l’interfaccia con la quale ogni bambino si rapporta con il mondo adulto, emulandolo e conoscendone regole e contraddizioni. Tuttavia, così come, man mano che si cresce, si dimentica di giocare, si perde anche la consapevolezza del vero significato del gioco, che va al di là di un semplice passatempo o di un’attività ricreativa: esso rappresenta, invece, come ribadito dai filosofi contemporanei Johan Huizinga e Eugen Fink, la nostra essenza, la sostanza del nostro animo.

Infatti, per quanto si cerchi di accantonarlo, a qualsiasi età, ci si ritrova con gli occhi infantili e pieni di meraviglia di fronte a un pallone, tanto che il mondo intero aspetta con ansia le Olimpiadi, le competizioni sportive, trovando nel gioco un linguaggio universale per comunicare. Il gioco ci rincorre, nelle pubblicità e nel cinema, in cui si ripresenta con scene mozzafiato ed effetti sorprendenti, nell’arte, espresso dagli accostamenti giocosi di forme e colori, nella poesia e nella narrativa, fino ad arrivare alle serie TV e ai fumetti.

Allo stesso tempo, anche noi rincorriamo il gioco, potenziandolo e plasmandolo con gli strumenti offerti dalla tecnologia della nostra epoca: oggi, non si gioca più solo con i dadi, con un pallone o con un tabellone e delle pedine. La dimensione moderna del gioco è virtuale, digitale, è il prodotto dell'dell'ingegneria e dell'elettronica: visori per la virtual reality, console e sensori ci permettono di entrare nel gioco, diventarne parte, tanto che si può aprire anche un dibattito etico su tale argomento: purtroppo infatti, sono tanti anche coloro i quali diventano "prigionieri" del gioco, entrando nella dipendenza.

Guardando come il gioco si è sviluppato, si può persino ricostruire il modo di vivere e di pensare di una determinata civiltà in una certa epoca: esso infatti, ci racconta la storia dei popoli, e si può arrivare a risultati ancora più sorprendenti analizzando questa parola in lingue diverse, per poi riscoprire che dietro ideogrammi, simboli e accostamenti sintattici differenti si nasconde sempre la medesima essenza, lo stesso modo di concepire il gioco: come spettacolo, divertimento, competizione e… matematica. Può sembrar strano, ma è proprio così: i dadi non sono solo il gioco più antico del mondo, ma sono anche la primordiale macchina del caso, così come il cubo di Rubik ha a che fare col calcolo combinatorio, e negli scacchi è possibile ritrovare il piano cartesiano.

Ma, a questo punto, è semplice capire che lo scopo di tale percorso, va molto più al di là di una semplice analisi sul gioco. Infatti, questo lavoro è esplicativo del fatto che, per comprendere pienamente il senso di ciò che ci circonda, è necessario spostarsi dalla propria prospettiva, e indagare un concetto da più punti di vista, non solo superficialmente. Lo spirito della filosofia, così come quello dell’ingegneria, in fondo è proprio questo: smontare un concetto, rimontarlo in modo diverso, collegare ogni tassello con altri che gli somigliano, così come ci insegna Aby Warburg. Si arriva, in questo modo, a qualcosa di molto più profondo di una semplice interpretazione: si riesce a cogliere una connessione ancestrale e significativa che investe tutte le discipline, anche quelle che possono sembrare collocate su orizzonti opposti!

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